Il piacere cinico del viaggio

30 03 2009

[consiglio musicale Ying: VIAGGIO IN 4 di Ennio Morricone]

[consiglio musicale Yang: TRAVEL IS DANGEROUS di Mogwai]

Non ho tanta voglia di scrivere oggi, ma voglio giusto segnalarvi quanto disse Jean Baudrillard a proposito dei piaceri del viaggio. Ebbene, lui che è un caposcuola del concetto di virtualità del mondo apparente, sosteneva che uno dei piaceri del viaggio consiste nell’

immergersi dove gli altri sono destinati a risiedere, e uscirne intatti, riempiti dell’allegria maligna di abbandonarli alla loro sorte“.

Che dire…? A parte che il cinismo di una tale affermazione è piuttoso “evidente”..direi che, francamente, questo è un po’ vero. Ancorchè a livello inconscio o solo leggermente conscio, quando ci si immerge (in genere per brevissimo tempo) in una cultura totalmente diversa dalla nostra, la si approccia con la recondita soddisfazione di appartenere ad un “altro” mondo. Il problema è, almeno nel mio caso, che non riesco mai ad uscirne intatto e, soprattutto, “riempito dell’allegria maligna di abbandonarli alla loro sorte”.

Non so voi, ma a me non succede mai…

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E visto che ci sono, lasciatemi dire una cosa. Qualche giorno fa ero a pranzo, tra gli altri, con un noto giornalista romano (etc etc etc), proprio durante il colpo di Stato in Madagascar. Un commensale ha chiesto, tra un boccone e l’altro, quale fosse la notizia del giorno. Io, di getto, ho risposto “il Madagascar”. E lui, invece, “ma no, a chi vuoi che gliene importi del Madagascar. E’ il Pakistan e il gasdotto etc etc etc”.

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Ora, sicuramente aveva ragione lui. Cinicamente parlando. Però non posso fare a meno di pensare a quelli che ho conosciuto in Madagascar recentemente. Il bambino, Frederic, che abbiamo adottato a distanza. I missionari di Antananarivo che danno una speranza a centinaia di bambini, vivendo nel fango da anni. La gente che si lamenta della corruzione del Governo e del vedere passare davanti agli occhi gli aiuti internazionali che transitano e vanno a finire nelle tasche dei soli pochi noti…  E non dimentico neanche  (banalmente? Sono preda del solito…”bambinismo”?) il sorriso di quei bambini che nonostante tutto hanno ancora voglia di giocare e di essere allegri.

E così penso a loro che saranno stati terrorizzati di vedere l’esercito per strada. E magari c’erano anche loro tra quelli calpestati che si vedevano, distrattamente, in tv.

Certo, aveva ragione lui. Non era una notizia eclatante.

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Ma che ci posso fare? Sono fatto così.

Antonio

 





Fiere, sagre, follie e…UN POST PER STOMACI FORTI

27 03 2009

[consiglio musicale Ying: WORLD’S FAIR dei The Skatalites]

[consiglio musicale Yang: ALLA FIERA DELL’EST di Branduardi]

Rido da solo mentre scrivo questo post. Spero ridiate anche voi. E non me ne vogliate se, alla fine, deciderete di non uscire a cena fuori questo fine settimana…

Veniamo al punto. Il calendario ci dice che siamo in primavera. Ci avviciniamo quindi al periodo delle sagre, feste, festival e chi più ne ha più ne metta.  E che cosa caratterizza questi eventi? A parte la follia di chi vi partecipa, sia chiaro. Ovviamente IL CIBO!

Ebbene, bighellonando in giro mi sono imbattuto in alcuni esempi di “cibo da fiera” davvero folle e incredibile. Manco a dirlo di provenienza 100% usa (che Dio li benedica!).

Ho stilato una prima lista senza alcuna intenzione di classificare queste delizie in ordine di “bontà”, sia chiaro. Una precisazione: si tratta di cibo da consumare “on a stick”, da passeggio, per intenderci.

Sentiamo che ne pensate…

1. Coca Cola fritta! Questa arriva dritta dritta dalla Fiera dello Stato del Texas

2. la barretta di Sniker fritta (mangiata alla Fiera dello Stato della Florida, invece) SP 135529 DIEZ FRIED FLO 1/2

 

 

3. il sundae di manzo da passeggio (Fiera dello Iowa)!!!!

4. spaghetti e polpettine on the stick (sorvoliamo…ma per la cronaca, sappiate che li mangiano alla Fiera del Minnesota…)

48032_270 5.  i Rib-on-a-stick della Fiera di Amarillo (Texas): ovvero, costolette da passeggio 

6. I biscotti Oreos fritti (gnam!) della Fiera dell’Indiana oreos-fritti-j

 

 

7. Hamburger fritti a volontà alla Orange County Fair

8.  Questo ha a che fare con gli scoiattoli e ve lo leggete da soli 🙂 rk_logo-med-02

9. No, il nono lo salto perchè non vedo l’ora di arrivare al prossimo…

 

 turkey-j  10. e dulcis in fundo…i…testicoli di tacchino da passeggio!!! Li mangiano, e ne vanno molto fieri, gli amici del Minnesota nella loro fiera annuale. Contenti loro. Forse i tacchini un po’ meno. In compenso avranno dei capponi fantastici 🙂

 

Bene, a questo punto sono certo che avrete l’acquolina in bocca e che considererete banali e provinciali le nostre sagre della porchetta o dei marroni.

Ero incerto se mostrarvi o meno questo video…ha dei contenuti molto forti e potrebbe turbarvi. Ma Il Circolo dei Viaggiatori vuol fare informazione vera e non può sottrarsi al suo compito. Quindi….beccatevi questo! Dopodichè….buon fine settimana a tutti!

Antonio

ok, ok, visto che insistete e considerando che siete tutti maggiorenni…ecco la versione non censurata:





Tango e nuvole: il tango DELLE nuvole

25 03 2009

Esistono i riempipista nel tango? Certamente sì. Me ne vengono in mente diversi ma credo il più singolare sia sicuramente quello che ormai tutti chiamano il tango delle nuvole.

Sì, continuo a parlare di tango, perchè oltre ad essere un ballo che adoro ed una musica incredibile, lo ritengo indissolubilmente legato all’idea stessa di viaggio (o turismo?). Chiunque si avvicina al tango, infatti, prima o poi è irrefrenabilmente preso dalla voglia di visitare l’Argentina. E chiunque visiti l’Argentina “tocca” anche solo marginalmente il mondo del tango.  Musica e viaggio. Di nuovo questo connubio che si alimenta reciprocamente.

Dicevamo, il tango delle nuvole. Nuvole…ecco che ritornano anche qui! Ma come! Amo fotografarle ed ora me le ritrovo anche in musica? Mi seguono….

Scherzi a parte, la storia di questo pezzo magnifico è singolare. Pur essendo uno dei tanghi più ballati nelle milonghe di mezza Europa (in Italia sono certo, per il resto dell’Europa mi fido del mio amico portoghese Augusto, vero globe trotter internazionale del tango), non è un vero tango.

E’ stato composto, infatti, da Loreena MacKennitt, nota suonatrice di arpa celtica canadese (ma di origini irlandesi). E’ stato utilizzato come colonna sonora di un film, appunto, canadese e, successivamente, portato al successo internazionale quando la famosa cantante greca Haris Alexiou lo ha cantato con un testo molto particolare.

Il testo, greco (lingua magnifica, peraltro), narra – cosa strana per un tango – una antica fiaba greca. E’ la storia di due angeli che, rapiti dalla danza di una ragazza bellissima, se ne innamorano perdutamente al punto da volerla rapire (nel testo le loro intenzioni, da quel che ho letto, sono anche rivolte a farle perdere i ricordi).

Zeus, per portare in salvo la ragazza, la trasforma in una nuvola… Una nuvoletta bianca bellissima e leggera come il tango che racconta la sua storia.

Eccolo…

ed ecco una traduzione italiana del testo greco:

Il nastro d’oro
che Nefeli, la più bella di tutta la vigna,
portava tra i capelli…
Vennero due angeli piccoli piccoli
e glielo rubarono.
Due piccoli angeli
che nei loro sogni volevano Nefeli.
Volevano nutrirla
con melagrano e miele
Perché non ricordasse più niente,
perché dimenticasse cosa voleva.
La presero in trappola
giacinti e gigli le rubarono il profumo
E gli Amorini la colpirono con le frecce
e la ingannarono.
Ma il buon dio Zeus
prese per lei l’acqua della giovinezza
la trasformò in nuvola e la disperse
perché nessuno la trovasse più.

 

Buon divertimento e…buon viaggio (musicale).

Antonio

il quartiere della Boca (Buenos Aires) - AA

il quartiere della Boca (Buenos Aires) - AA





I luoghi ed i momenti del tango: colore e bianco e nero

23 03 2009

Indossate le scarpe da tango e ascoltate…

[consiglio musicale Ying: POR UNA CABEZA di Carlos Gardel, un meraviglioso classico]

[consiglio musicale Yang: GENTE QUE SI di Carlos Libedinsky, bellissima!]

Ieri sera, in una bellissima milonga romana, ho incontrato il mio insegnante di tango. tango-00822Non ci vedevamo da parecchio tempo, per varie vicissitudini. E’ stato un bellissimo incontro che ha contribuito a riaccendere la voglia di studiare il tango e, soprattutto, a ballarlo (che si era, colpevolmente, affievolita ultimamente per pigrizia).

tango-04521Chiaccherando di possibili iniziative insieme (come si suol dire…stiamo lavorando per voi. Vedrete…) mi ha fatto ripensare ad un magnifico viaggio in Argentina dell’anno scorso. Ne parlai diffusamente sul vecchio blog e le foto, soprattutto quelle in Patagonia e Terra del Fuoco, sono un po’ ovunque (spinte in giro dal mio “sano” egocentrismo).

Mi soffermo, però, solo un attimo sul tango e sulle suggestioni ricevute a Buenos Aires. Suggestioni che poi si sono concretizzate in un concept fotografico (su Flickr, dove vi rimando se ne avete la pazienza) fondato sull’idea che il tango trae la sua origine, ed alimenta la sua anima, dalla malinconia. Declinata da e per soggetti diversi (marinai, emigrati italiani, amanti persi).

Se è vera la definizione che il tango è un pensiero triste che si balla. E’ altresì vero che Buenos Aires è una città molto colorata.  Ed ecco l’idea. Dare un volto al concetto che la malinconia degli emigrati, la nostalgia per la loro terra d’origine, lo spleen esistenziale, i dolori amorosi per le famiglie lasciate a casa….hanno trovato, a Buenos Aires, una doppia rappresentazione. tango-04591

I luoghi del tango, quindi, sono estremamente colorati. E di converso, scatti molto contrastati, taglienti, forti e vivi. Immagini del quartiere popolare della Boca, dove tutto è nato.

I momenti del tango, invece, sono in bianco e nero. Quando si attraversa la soglia di una milonga, si torna indietro nel tempo. L’otturatore della macchina fotografica si prende il suo tempo, proprio come un ocho atràs segue la voce di Gardel…. Pennellate di grigi che lasciano solo intravedere le espressioni appassionate dei ballerini.

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Insomma, le due solite facce della stessa medaglia (un po’ come i due consigli musicali di oggi).

tango-02531La malinconia non è sempre in bianco e nero. Può anche essere colorata.

 

 

Il tango è anche questo.

Antonio

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Nuvole, John Ford e il potere della camera oscura

21 03 2009

Per questo post nuvoloso e ventoso consiglio:

[consiglio musicale Ying: NUVOLE BIANCHE di Ludovico Einaudi]

[consiglio musicale Yang: CLOUDS di Patrice]

Chi mi conosce, ormai, sa della mia passione fotografica per le nuvole. Qualcuno dice che sono troppo invadenti nelle mie fotografie, altri le apprezzano, altri le detestano. Ma, insomma, e’ innegabile che ci siano e siano molto presenti. Le trovo affascinanti perchè, alla stregua di una più o meno folta capigliatura, diano un preciso carattere al cielo e a quello che si trova al di sotto. Una cornice, insomma.

Ma restando su un terreno prettamente fotografico, devo dire che sono sempre stato affascinato dai cieli dei western di John Ford. Avete presente quelle lunghe distese delle praterie americane? O la Monument Valley nella quale gli indiani comunicavano tra loro con i famosi segnali di fumo che, dopo un po’, si confondevano proprio con quelle magnifiche, immense nuvole bianche? Che spettacolo.

La fotografia di scena di John Ford fece scuola anche per quello. Per la profondità degli scenari e per le nuvole.

Ho fatto alcune foto al mare oggi. E riflettevo, rivedendole poco fa al computer, che basta poco (simulando un filtro rosso su una analogica e fingendosi in una camera oscura) per cambiare radicalmente il feeling di una situazione. Ecco la stessa foto con due trattamenti diversi:

 

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Sicuramente due atmosfere diverse. Quanto potere ha quindi un fotografo! E che meraviglia è una camera oscura (ancorchè digitale, sia chiaro). Ma allora la fotografia non è solo la registrazione di un attimo reale. E’ anche un mezzo per esprimere un umore? Chissà.

Intanto penso – e sorrido – al Club dei Contemplatori di Nuvole (Clouds Appreciation Society). Esiste davvero, giuro. Il loro motto, che sposo, è:

“La vita sarebbe decisamente più povera senza cirrocumuli”

Buon fine settimana a tutti,

Antonio

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Gomorra, insalate, gabbiette. Ed una via d’uscita…

19 03 2009

[consiglio musicale Ying: THREE LITTLE BIRDS di Bob Marley ovviamente]

[consiglio musicale Yang: FLYING BIRDS di RZA]

Vengo a Napoli periodicamente, da anni. E’ una città che amo e che, allo stesso tempo, detesto amare perchè mi prende sempre a calci nel sedere. 

Ho già detto qui che la definisco una bella donna della quale ti innamori ma che ti tradisce. E ti fa innamorare nuovamente. E poi ti ritradisce. E così via all’infinito.

E’ vero, Napoli è Gomorra, è il traffico sempre congestionato, è l’assenza di regole (anzi, è un sistema di regole tutto suo…). Napoli, ancora, è l’immondizia buttata a caso per strada. Napoli è una città di una maggioranza di brava gente tenuta in ostaggio da una minoranza di barbari. E’ tutto questo e probabilmente molto peggio.

Ma Napoli è anche quello che ho visto poco fa. 

Come di consueto quando sono qui, e non appena riesco a farlo, pranzo in una piccola strepitosa pizzeria nei pressi del Centro Direzionale. Lì, all’angolo, ogni giorno c’è un coloratissimo mercato di generi alimentari e di abbigliamento che confina con la kasbah napoletana. La magnifica zona franca dove etnie man mano più scure gestiscono un loro mercato etnico in un ordine cromatico (della pelle) che denota un ordine non presente altrove. Una vera zona di confine…..

Poco fa, dopo aver mangiato la pizza più buona dell’universo (e che presto diventerà la pizza ufficiale del Circolo dei viaggiatori), ho attraversato il mercato. E come al solito mi sono stupito di trovare attività che sembrano uscite dal Mercante in Fiera o da un presepe di San Gregorio Armeno. L’acquafrescaio, il venditore di trippa e frattaglie varie. Il banchetto del baccalà e cosi’ via.

Gran casino, gran rumore, rischiavo di scivolare in una bacinella di triglie fresche (apparentemente) ed in una piena di capitoni. A un certo punto sento un suono di una miriade di uccellini.

Si, non mi ero sbagliato. Una incredibile bancarella di verdura, coloratissima, colma di pomodorini appesi, carciofi, melanzane, insalate ed ogni ben di Dio. Ed in alto, ad altezza d’occhi, una lunga fila di piccole gabbiette, ciascuna con un uccellino, ed intermezzate da grandi insalate verdi e cavoli bianchi. Tutti gli uccellini cantavano e sembra di essere in un mercato cinese o in un giardino andaluso…cages-3607

Ho chiaccherato con il proprietario e gli ho chiesto di fare alcune fotografie. Ha acconsentito allegramente, soddisfatto del mio interesse e fiero della sua passione per gli uccellini e, evidentemente, per il bello. Si è creata una piccola folla dietro di me. Curiosi attratti dalla grande macchina fotografica e che fino ad allora erano abituati a sentire il canto degli uccellini. Ma che probabilmente non si erano mai soffermati ad osservarli e a trarre un po’ di godimento da quello spettacolo.

Ridendo, il proprietario, lo chiamerò Mario, ha detto alla gente che “normalmente si paga per fotografare” ma questa era un’eccezione (e mi ha fatto l’occhiolino). Poi, in maniera un po’ teatrale, abbiamo convenuto pubblicamente che le cose belle non si pagano e che lo spettacolo era per tutti

:-).  Consenso generale. cages-3610

Beh, ho capito che basta una cosa del genere per dimostrare che in fondo, forse molto molto in fondo, una via d’uscita per Napoli esiste. La barbarie convive con la raffinatezza. La cattiveria con la bontà. cages-3611Gomorra convive con un verdurario che si porta i suoi uccellini la mattina per fargli compagnia.

Bellissimo.

Antonio

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(my)Travel Songs: Downbound Train (beccatevi questa)

18 03 2009

E visto che non lo fate voi lo faccio io. Downbound Train, di Bruce Springsteen, appartiene alla mia formazione musicale dell’adolescenza. Come molti di voi (o almeno, dai miei coetanei in su, dai) sanno, era contenuta nell’album Born in the USA e forse non ha goduto dello stesso successo di altre sue canzoni.

Io me ne innamorai al primo ascolto del riff iniziale. Quel dlen dlen dledledlendleeen…. suonato con quella magnifica Telecaster (e’ opportuno dire, pero’, che sono da sempre per la stratocaster piuttosto che per la telecaster). Quel racconto d’amore straziante. Springsteen che nel momento topico della canzone abbassa la voce, e la Band lo segue rallentando. Canta di un lui che corre da una lei nel pieno della notte sperando di essere accettato in casa. Da sempre quel particolare passaggio mi ha dato l’impressione di essere suonato in apnea come se loro stessi stessero salendo le scale. E quando arriva e trova la casa vuota e, piano piano, la band “entra” e’ come se si sentisse il suo tonfo in ginocchio (esattamente come poi canta) e via si riprende…on a downbound train. (ecco, ho scritto questi periodi tutti d’un fiato) 🙂

Mamma che bella.

e per finire con un’altra regina della canzoni di viaggio non poteva mancare lei….

BORN….

…TO….

si, è lei…

BORN TO RUN!





Ogni foto è il ritratto del suo autore

17 03 2009

[consiglio musicale Ying: OLD FAMILY PORTRAIT di Kostia]

[consiglio musicale Yang: PORTRAIT D’UNE FEMME HEUREUSE di Jenifer]

In attesa di nuovi viaggi, e cercando di non indulgere nell’amarcord dei ricordi di quelli fatti, continuiamo a parlare di fotografia. Logicamente continua al viaggio in se’.

Dorothea Lange sosteneva che una foto è il ritratto del suo autore. Ho letto questa frase domenica scorsa, al mare, in quella particolare giornata di confine tra inverno e primavera. Mi ha fatto riflettere a lungo sull’essenza della fotografia e sul compito catartico che forse può avere a volte. il mio agocentrismo non può non avermi fatto pensare ai miei “soliti” autoritratti allo specchio con le mie macchine fotografiche (voglia di consolidare su stampa un’immagine di me stesso?).

Ma ho pensato tanto, e soprattutto, ai ritratti fotografici in genere. E, guarda caso, dopo qualche pagina del saggio che stavo leggendo ecco che spunta la storia del famoso ritratto che Edward Weston fece alla sua allora compagna Tina Modotti a Città nel Messico nel 1924. Due parole per chi non li conoscesse ancora. Ma giusto due, perchè entrambi meriterebbero (come è successo) interi e numerosi libri.

Tina Modotti, non era una donna dei suoi tempi. Era avanti anni luce, un precursore del femminismo d’azione. Romantica, estremamente romantica e passionale, bohémien e viaggiatrice. Una che la vita se l’andava a scovare ovunque e l’aspirava come l’aria. Attraverò la Storia con la S maiuscola e ne divenne testimone fotografica (passione che coltivò proprio con Weston). Neruda scrisse per lei, alla sua morte, una delle sue più belle poesie (vi invito a cercarla e leggerla).

Weston, invece, nasce fotografo e ne divenne uno dei più grandi rappresentanti della prima metà del 900. Leggo da Wikipedia (perchè, confesso la mia ignoranza, non conoscevo bene la sua storia personale e artistica) che nel 1932 insieme ad altri fotografi, tra cui Ansel Adams, fondò il Gruppo f/64(chiamato così perché in genere usavano l’apertura minima di diaframma degli obiettivi che impiegavano per ottenere la massima profondità di campo). Questo gruppo di fotografi fondò un’estetica che si basava sulla ‘”perfezione tecnica e stilistica”: qualunque foto non perfettamente a fuoco, o perfettamente stampata, o montata su cartoncino bianco era “impura”. Si trattava di una reazione violenta allo stile sdolcinato e sentimentale che in quegli anni aveva reso celebri i fotografi pittorici della California.

Quello che mi ha sempre colpito di Weston è l’assoluta convinzione che il fotografo deve già immaginare lo scatto dentro di se’ prima di effettuarlo. Deve partire dall’idea…

Per farla breve, i due iniziarono una relazione intensa quando lei era ancora sposata (il marito morì un anno dopo). Entrambi vissero la loro storia d’amore a Città del Messico negli anni 20 (periodo non proprio dei più tranquilli laggiù). Una vita sfrenata, bohémien, intensa culturalmente e fotograficamente. Lei lo seguì a Città del Messico con l’idea di imparare da lui la fotografica (cosa che, fortunatamente, successe) e per aprire insieme un’agenzia fotografica.

Weston, già famoso per i suoi ritratti di nudi femminili (peraltro incredibilmente freddi e impersonali ma, anche per questo, molto interessanti) e la Modotti erano smodatamente appassionati e gelosi e la loro relazione, per quanto inebriante e liberatori, divenne presto molto tesa.

Tina Modotti fotografata da Weston

Tina Modotti fotografata da Weston

Le numerose fotografie scattate da lui a Tina mentre prendeva il sole nuda (ve ne sono tante online…cercatele) sono incredibilmente intense per quei tempi ma…Weston riuscì a farle un ritratto, nel 1924, che registrava la tensione e le frustrazioni che covavano sotto una relazione apparentemente idilliaca.

Ebbene, adesso vi riporto, testualmente, la descrizione data dallo stesso Weston del momento in cui nacque quel ritratto. Secondo me è un capolavoro di intensità emotiva-sessulae e di ossessiva precisione tecnica. A suo modo una dichiarazione di amore e, forse, la registrazione della consapevolezza che qualcosa tra loro si era incrinato…modotti1

Chissà, magari Weston, quello scatto lo aveva già immaginato…

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Tina Modotti ritratta da Weston (1924)

 

Mi chiamò nella sua stanza e le nostre labbra si incontrarono per la prima volta dopo la notte di Capodanno. Lei si gettò sul mio corpo prono, premendo forte – forte – squisite possibilità – poi il campanello della porta suonò…”

(ndr: la magia fu interrotta ma il giorno seguente, in una assolata giornata messicana, lui decise di farle QUEL ritratto. Che avrebbe “rivelato ogni cosa, qualche cosa, della tragedia della nostra vita attuale” )

“appoggiata contro una parete bianca – le labbra tremanti – le narici dilatate – gli occhi cupi come nuvole cariche di pioggia – mi avvicinai – le sussurrai qualcosa e la baciai – una lacrima le solcò la guancia – e allora catturai quell’istante per sempre – fammi vedere F.8-I/10 sec.filtro K1 – pellicola pancromatica – quanto suona brutale, meccanico, calcolato – eppure quanto spontaneo e genuino in realtà – perchè ho un tale controllo dei meccanismi della mia macchina che essa funziona rispondendo ai miei desideri – l’otturatore coordinandosi al mio cervello viene rilasciato in un modo tanto naturale quanto sarebbe muovere il braccio – sto cominciando ad avvicinarmi a un vero risultato nella fotografia […].

Il  momento della nostra reciproca emozione restò impresso sulla pellicola d’argento – quelle emozioni furono liberate subito dopo – ci trasferimmo dal bagliore del sole sui muri candidi nella buia camera di Tina – la sua pelle olivastra e i suoi capezzoli scuri apparvero sotto una mantella nera – tirai il laccio…”

 





mare d’inverno (colori e bianco e nero)

15 03 2009

[consiglio musicale Ying: WINTER SEA di Robin Goldsby]

[consiglio musicale Yang: BEYOND THE SEA versione cantata da Bobby Darin]

Giornata al mare. L’inverno, piano piano, si allontana dalla riva come le nuvole oggi, e l’aria della primavera, portata da un debole scirocco, si avvicina.

Immagini in bianco e nero di interminabili camminate di chi non sa dove andare ma va….

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e immagini colorate di chi si gode l’allungarsi delle giornate

giocando a beach volley in spiaggia.spiaggia-3521

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mare d’inverno unisce il colore ed il bianco e nero.

Antonio/

 

cammina cammina

cammina cammina





Accarezzare un gatto/fotografare una tigre

13 03 2009

[Consiglio musicale Ying: TIGER RAG di Django Reinhardt]

[Consiglio musicale Yang: ovviamente EYE OF THE TIGER dei Survivor]

Un vecchio detto recita che i gatti sono stati creati da Dio perchè l’uomo potesse accarezzare una tigre.

Mi è venuto in mente poco fa chiaccherando con Claudia Rocchini, ottima fotografa naturalistica (visto che ci siamo…spero vi parli delle sue iniziative).

Le parlavo di una serie di safari fatti in India, nel parco di Rantambore (uno dei pochi posti al mondo popolato da tigri), dove però, dopo ben tre giorni, non ne riuscimmo ad avvistare neanche una (se non delle orme enormi e molto belle…).

Mi ha segnalato un posto straordinario. Il Tiger Temple, a Kanchanaburi in Thailandia. é un centro di recupero per tigri salvate dal bracconaggio, gestito da monaci buddisti…
guardate questa foto tratta da Internet:

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grazie Claudia! Visto che ci sei, ci potresti segnalare il tuo articolo (e sai a quale mi riferisco) sulla fotografia naturalistica? 😉

Antonio

PS intanto….un paio di tigri a disposizione come modelli ci sono… Ve li presento..tadààààà….. Nero e Anam!
nero1nero2anam1