[consiglio musicale Ying: OLD FAMILY PORTRAIT di Kostia]
[consiglio musicale Yang: PORTRAIT D’UNE FEMME HEUREUSE di Jenifer]
In attesa di nuovi viaggi, e cercando di non indulgere nell’amarcord dei ricordi di quelli fatti, continuiamo a parlare di fotografia. Logicamente continua al viaggio in se’.
Dorothea Lange sosteneva che una foto è il ritratto del suo autore. Ho letto questa frase domenica scorsa, al mare, in quella particolare giornata di confine tra inverno e primavera. Mi ha fatto riflettere a lungo sull’essenza della fotografia e sul compito catartico che forse può avere a volte. il mio agocentrismo non può non avermi fatto pensare ai miei “soliti” autoritratti allo specchio con le mie macchine fotografiche (voglia di consolidare su stampa un’immagine di me stesso?).
Ma ho pensato tanto, e soprattutto, ai ritratti fotografici in genere. E, guarda caso, dopo qualche pagina del saggio che stavo leggendo ecco che spunta la storia del famoso ritratto che Edward Weston fece alla sua allora compagna Tina Modotti a Città nel Messico nel 1924. Due parole per chi non li conoscesse ancora. Ma giusto due, perchè entrambi meriterebbero (come è successo) interi e numerosi libri.
Tina Modotti, non era una donna dei suoi tempi. Era avanti anni luce, un precursore del femminismo d’azione. Romantica, estremamente romantica e passionale, bohémien e viaggiatrice. Una che la vita se l’andava a scovare ovunque e l’aspirava come l’aria. Attraverò la Storia con la S maiuscola e ne divenne testimone fotografica (passione che coltivò proprio con Weston). Neruda scrisse per lei, alla sua morte, una delle sue più belle poesie (vi invito a cercarla e leggerla).
Weston, invece, nasce fotografo e ne divenne uno dei più grandi rappresentanti della prima metà del 900. Leggo da Wikipedia (perchè, confesso la mia ignoranza, non conoscevo bene la sua storia personale e artistica) che nel 1932 insieme ad altri fotografi, tra cui Ansel Adams, fondò il Gruppo f/64(chiamato così perché in genere usavano l’apertura minima di diaframma degli obiettivi che impiegavano per ottenere la massima profondità di campo). Questo gruppo di fotografi fondò un’estetica che si basava sulla ‘”perfezione tecnica e stilistica”: qualunque foto non perfettamente a fuoco, o perfettamente stampata, o montata su cartoncino bianco era “impura”. Si trattava di una reazione violenta allo stile sdolcinato e sentimentale che in quegli anni aveva reso celebri i fotografi pittorici della California.
Quello che mi ha sempre colpito di Weston è l’assoluta convinzione che il fotografo deve già immaginare lo scatto dentro di se’ prima di effettuarlo. Deve partire dall’idea…
Per farla breve, i due iniziarono una relazione intensa quando lei era ancora sposata (il marito morì un anno dopo). Entrambi vissero la loro storia d’amore a Città del Messico negli anni 20 (periodo non proprio dei più tranquilli laggiù). Una vita sfrenata, bohémien, intensa culturalmente e fotograficamente. Lei lo seguì a Città del Messico con l’idea di imparare da lui la fotografica (cosa che, fortunatamente, successe) e per aprire insieme un’agenzia fotografica.
Weston, già famoso per i suoi ritratti di nudi femminili (peraltro incredibilmente freddi e impersonali ma, anche per questo, molto interessanti) e la Modotti erano smodatamente appassionati e gelosi e la loro relazione, per quanto inebriante e liberatori, divenne presto molto tesa.
Tina Modotti fotografata da Weston
Le numerose fotografie scattate da lui a Tina mentre prendeva il sole nuda (ve ne sono tante online…cercatele) sono incredibilmente intense per quei tempi ma…Weston riuscì a farle un ritratto, nel 1924, che registrava la tensione e le frustrazioni che covavano sotto una relazione apparentemente idilliaca.
Ebbene, adesso vi riporto, testualmente, la descrizione data dallo stesso Weston del momento in cui nacque quel ritratto. Secondo me è un capolavoro di intensità emotiva-sessulae e di ossessiva precisione tecnica. A suo modo una dichiarazione di amore e, forse, la registrazione della consapevolezza che qualcosa tra loro si era incrinato…
Chissà, magari Weston, quello scatto lo aveva già immaginato…
Tina Modotti ritratta da Weston (1924)
“Mi chiamò nella sua stanza e le nostre labbra si incontrarono per la prima volta dopo la notte di Capodanno. Lei si gettò sul mio corpo prono, premendo forte – forte – squisite possibilità – poi il campanello della porta suonò…”
(ndr: la magia fu interrotta ma il giorno seguente, in una assolata giornata messicana, lui decise di farle QUEL ritratto. Che avrebbe “rivelato ogni cosa, qualche cosa, della tragedia della nostra vita attuale” )
“appoggiata contro una parete bianca – le labbra tremanti – le narici dilatate – gli occhi cupi come nuvole cariche di pioggia – mi avvicinai – le sussurrai qualcosa e la baciai – una lacrima le solcò la guancia – e allora catturai quell’istante per sempre – fammi vedere F.8-I/10 sec.filtro K1 – pellicola pancromatica – quanto suona brutale, meccanico, calcolato – eppure quanto spontaneo e genuino in realtà – perchè ho un tale controllo dei meccanismi della mia macchina che essa funziona rispondendo ai miei desideri – l’otturatore coordinandosi al mio cervello viene rilasciato in un modo tanto naturale quanto sarebbe muovere il braccio – sto cominciando ad avvicinarmi a un vero risultato nella fotografia […].
Il momento della nostra reciproca emozione restò impresso sulla pellicola d’argento – quelle emozioni furono liberate subito dopo – ci trasferimmo dal bagliore del sole sui muri candidi nella buia camera di Tina – la sua pelle olivastra e i suoi capezzoli scuri apparvero sotto una mantella nera – tirai il laccio…”
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